A Sarajevo con Caritas per l’alternanza scuola-lavoro. La storia di Giada e Irene: “Una grande avventura”

S.Alessandro.org, 30/11/2023

Personale scolastico

“Abbiamo raccolto le storie di Giada e Irene studentesse che hanno vissuto questa esperienza tra l’estate del 2022 e quella del 2023 che, grazie all’intuizione del loro professore di religione Robert e della Caritas diocesana Bergamasca (in particolare con Young Caritas Bergamasca) hanno vissuto questa esperienza.

Quando sei partita per Sarajevo in che classe eri?

Giada: Quando sono partita per partecipare a questa esperienza era la fine dell’anno scolastico della classe terza.

Irene: Sono partita nell’estate fra la 3ª e la 4ª, ora sono al quinto anno del Liceo Falcone.

Perché hai scelto di partire per questa esperienza?

Giada: Ho deciso di partecipare a questa esperienza perché fin da subito mi è parsa un’occasione ottima per poter conoscere una nuova cultura e vedere in prima persona gli effetti della storia sulla nazione in senso lato.

Irene: Ho scelto di partire perché dai suoi racconti sembrava un’esperienza interessante e che e mi poteva arricchire molto.

Quali sono le cose che vorresti custodire di questa esperienza?

Giada: Ho avuto la fortuna di partire con il mio professore di religione e altre tre mie compagne di classe, nonché amiche; questo sicuramente ha inciso sulla qualità del viaggio perché ho potuto condividere l’esperienza con delle persone a cui voglio bene e della quale mi fido. Nonostante ciò, nel mio cuore rimarranno sempre alcuni posti speciali che mi hanno colpito molto e, ancor di più, le persone che abbiamo incontrato lungo il nostro percorso. È sorprendente l’immenso valore che può avere anche un semplice sorriso.

Irene: Una delle cose che vorrei tenere custodite è la visita a Srebrenica che è stata molto toccante, soprattutto perché ci siamo andati quando cadeva l’anniversario. Un’altra cosa è il racconto di chi ha vissuto la guerra e anche l’incontro con un signore serbo, che è diventato nostro amico. Per ultimo una delle cose che vorrei tenere custodite sono state le giornate passate con i ragazzi del centro OAZA, che ci hanno sempre accolto con il sorriso e tanta voglia di fare.

Ci sono delle cose che ti tornano in mente ogni tanto? Quali sono?

Giada: A volte ripenso a questo viaggio e mi tornano in mente delle immagini precise, come le pareti degli edifici segnate dalla guerra, i luoghi e le persone dove abbiamo fatto servizio di volontariato, il punto in cui Francesco Ferdinando venne ucciso, il tramonto visto dalla terrazza dello spot di Caritas e tanti altri posti che mi hanno particolarmente colpito.

Irene: Si mi torna spesso in mente l’incontro con Sutko, che abbiamo incontrato una sera perché ci si era rotto il pulmino. È stato molto disponibile e nei giorni seguenti lo abbiamo visto più volte, ci ha raccontato molte cose dell’assedio avvenuto a Sarajevo ed è stato molto toccante.

Ci sono delle cose che ti hanno messo più in difficoltà?

Giada: Essendo la mia prima esperienza di volontariato mi sono sentita fragile di fronte alle persone che abbiamo aiutato durante il servizio: sentivo di non avere pieno controllo della situazione, non sapendo come relazionarmi con individui che vivevano in circostanze diverse da quella che noi definiamo “normalità”.

Irene: Si, sicuramente ascoltare la testimonianza di un signore che era stato prigioniero nei campi di concentramento e anche la storia di una signoria che aveva vissuto a Sarajevo durante la guerra.

Pensi che questa esperienza abbia cambiato un po’ il tuo sguardo rispetto a qualche tema? Se si, in quale e come?

Giada: Questa esperienza per me è stato il primo impegno attivo che ho impiegato per la mia formazione; da tempo sognavo di partire per fare un’esperienza di questo tipo e finalmente è successo. Mi ha segnato particolarmente e mi ha fatto crescere molto, soprattutto una volta tornata e dopo aver fatto delle riflessioni personali. Sono grata di essere andata, però sono ancora più grata a Sarajevo per avermi fatto questo regalo.

Irene: Sì, perché sono venuta a conoscenza di una realtà storica che non ci insegnano a scuola e che ha interessato l’Europa fino a qualche decennio fa.”

 

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